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sabato 16 aprile 2011

Sbatti il Palio in prima pagina: ma in che modo?

 Nel Nicchio si è tenuto un interessante (mi pare di capire) incontro sul rapporto fra Palio e mass media. Purtroppo l'eretico - in altre faccende affaccendato - non ha potuto parteciparvi. Ha, però, letto i resoconti, e crede di avere una esperienza (dell'uno e dell'altro argomento) tale, da potere dire la sua su tale rapporto.
Su una cosa non si può che essere d'accordo con i relatori: i cronisti che vengono a Siena, non dovrebbero limitarsi ad arrivare mezz'ora prima, guardare il Palio, fare due passi in Piazza e mandare il pezzo. Certo che no (anche se chiunque capisce che nessun quotidiano, con le ristrettezze di oggi, si può permettere di fare soggiornare una settimana un cronista in loco prima di farlo scrivere...). Fino a qui, pieno accordo.
Resta un equivoco di fondo, però, che si ripresenta sempre: a Siena si pretenderebbe (si pretende!) che arrivino giornalisti a sovranità limitata. Questo non va bene, se per uno la libertà di stampa è un valore. Meglio un cronista che scriva cazzate sbagliando l'Unicorno con il Leocorno (e lui ed il suo giornale se ne devono assumere la responsabilità), piuttosto che uno che non scambia mai l'alfiere con lo sbandieratore, ma scrive sotto dettatura (magari finendo con una sbrodolata sul Monte dei Paschi, a prescindere...).
Forse non ci pensiamo, ma una cosa simile avviene solo nei contesti bellici: il giornalsta viene guidato, seguito, scortato, "consigliato". Il prototipo del giornalista embedded, insomma. Al fronte, una triste necessità; a Siena, un grave, e tristissimo, errore. O forse vogliamo che i cronisti extra-moenia siano dei semplici raccoglitori di "consigli", come quelli senesi 365 giorni l'anno? Ripeto: se proprio deve essere, meglio l'errore filologico, ma abbinato alla libertà di pensiero, che la cura assoluta del dettaglio, sotto speciosa dettatura.
Incredibile dictu, una volta tanto l'eretico si trova d'accordo con il sacerdote della senesità, Senio Sensi (il sosia di Geronzi): ora si tende a lamentarsi - ha detto Sensi - ma negli anni Ottanta (prima del delirio d'onnipotenza attuale), quando un quotidiano nazionale parlava di Palio, si era tutti contenti, al di là degli erroretti, immancabili. "Bisognerebbe fare autocritica", dice lui. L'eretico gli dà ragione, in pieno.

Ultima cosa, venenum in cauda: visto che ci lamentiamo tanto (in parte giustamente, ma in parte strumentalmente), facciamo un pochino mente locale su un aspetto.
E se davvero un giorno venisse in città - una settimana prima, magari due - un giornalista serio, d'inchiesta, con due palle così, ed iniziasse ad analizzare certi retroscena palieschi (infortuni strani alle bestie, scommesse, rapporti "incestuosi" fra alcune dirigenze, rapporti fra certi fantini e varie dirigenze, rapporti con la politica e la banca, et alia), siamo proprio sicuri sicuri che la città ne uscirebbe a testa alta? L'eretico - che qualche investigatore da carta stampata è orgoglioso di conoscere - ritiene che ci sarebbe più da perdere, che da guadagnare, per la tanta sbandierata "senesità".
Date retta all'eretico, fidatevi: non stuzzichiamo il giornalista (serio) che dorme..
Raffaele Ascheri

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